ti credevo più romantico

Wednesday, January 31, 2007


Una squallida pubblicazione della vita privata
Diciamolo subito: a Berlusconi devo gran parte della mia carriera, ma gli devo anche il mio declino. E quindi, in questa fase della mia vita, lo detesto. Ma su questa vicenda non posso che parteggiare per lui. “Parteggiare”, è questo il problema, perché la dimensione pubblica di quello che dovrebbe essere risolto nel privato, obbliga a prendere posizione, a schierarsi. A pubblicizzare la vita. Così eccoli, i giornalisti, che si affannano a raccogliere commenti e opinioni. Lo scandalo, signori miei, è che ora la lettera di Veronica B. (nella foto) appaia come un riscatto, e non come quello che è in realtà: una squallida pubblicazione della vita privata. Non fa scandalo solo perché la querelle ha un sapore televisivo, troppe ne abbiamo viste, di diatribe così in tv. E se va in tv allora può andare.

Fermo subito tutti quelli che diranno: eh, ma lui aveva detto così e colà, aveva fatto il piacione. Il problema non è questo, pensare che sia questo vuol dire essere avari di analisi. Il privato di Berlusconi era stato “spiato”, come sempre; mentre Veronica Lario lo ha pubblicato.

L’unica risposta giusta, se vi chiedono un commento, non può che essere: fatti loro.

Labels:

Tuesday, January 30, 2007


Che figuraccia: Paul Wolfowitz, capo della banca mondiale e teorico della guerra preventiva, si è fatto beccare con i calzini bucati in Moschea. Chissà se mentre lo portavano lì, a Edirne in Turchia, avrà pensato: Oh, cazzo. Che magari la sveglia - come per i comuni mortali - non era suonata e gli avevano detto Paul, sbrigati, e lui si era messo addosso i primi cenci che aveva trovato in camera stile due minuti di Fantozzi "per vestirsi e correre alla fermata dell'autobus che passa alle 8, 02". Così una volta in Moschea aveva solo due scelte, Paul Wolfowitz: la crisi diplomatica, con tanto di sfida del tipo: "no, io le scarpe non me le tolgo, ho le mie tradizioni"; oppure sperare nel profilo basso e nella pietà del paparazzo. Alla fine ha scelto per la seconda: "Calzini rotti, eppure bisogna andar". E il paparazzo sorrise e scattò. Così eccolo, il banchiere che dovrebbe pensare ai poveri, mentre china il capo sulla sconfitta dei suoi alluci al vento. E la foto ci mette un nulla a finire su televisioni e giornali: lui, il falco di Bush che costringe i Paesi poveri a pagare interessi sui prestiti a quelli ricchi per un miliardo e 700milioni di dollari, sbattuto in prima pagina. Se qualcuno vuole la sua testa, però, adesso si premunisca: fargli le scarpe infatti non basterà.

Labels:

Thursday, January 18, 2007

L'amico Francesco mi ha dedicato una fenomenologia che letteralmente trascrivo:

FENOMENOLOGIA DELLA GNOCCA IN GERRY

Quando parla di donne Gerry non è mai banale. Uno dice: "parla di gnocca". Certo, vero. Non proprio un argomento raro, o meglio: per me qualcosa di infrequente, ma per lui...quanta abbondanza, quanta copiosa messe, quanto frumento nei suoi granai...
Eppure lui rimodula il tema in modo sempre nuovo, con una grazia che in questo caso potrebbe definirsi "culinaria" (da cucina, non da culo).
Guardatelo lì, mentre armeggia con l'olio e con le spezie, mentre manteca la besciamèlle, mentre guarnisce il tortino di Bitto con la crema di ceci...
Questo Ferràn Adria della pelosina, questo Heinz Beck della baffa, questo Gualtiero Marchesi della formaggia, non indulge certo al'insipido esotismo della novelle cousine, alla malinconia del piatto vuoto, alla desolazione del fast spacciato per slow a forza di scenografie...
E nemmeno, sia chiaro, plana sul pecoreccio, non compete con il roof dell'Hilton scappando nella fraschetta di Genzano, non banalizza il confronto culturale di ricette con la patetica poesia trasteverina delle animelle e della coda...
No.
Gerry è sapiente, anche in questo. Sapiente, non solo colto. E - sapientemente - si mette al centro, lì dove c'è più verità, più realtà, nella vita come nella passera.
E, dal centro, unisce sostanza ed evocazione, fantasia e solidità, terra e sapori, carne e odori.
E ti presenta la pietanza (la gnocca, appunto) non con l'artificio tekno di qualche mangeria nippo-newyorkese; non con il minimalismo sciatto tipico della filosofia del cibo come pillola (...)
Piuttosto, te la propone in tutta la sua succosa consistenza, e ci riesce con un tocco lieve, una piccola pennellata, quel "grondante umore" buttato lì con finta distrazione e che invece è immagine potente, vaghezza che punge, acquolina che affama e gusta, pur non saziando mai.
E' olio pregiato, rosmarino fresco, salvia profumata, brodo di brasato, preciso e perfetto punto di cottura, che ti si scioglie in bocca.
E così, con questa arte, il nostro si staglia su tutti, senza nemmeno troppo sforzo, in questa non facile Prova del Cuoco.




Heracleum blog & web tools